Friday, April 26, 2024

Negli ultimi mesi sono stati pubblicati alcuni lavori scientifici sulla vitamina D, contenenti un messaggio univoco e di notevole importanza per la nostra personale salute e per le politiche di salute pubblica. I livelli ottimali della vitamina sono sottostimati – scrivono scienziati di Harvard e di altre università  americane ed europee sull’American Journal Clinical Nutrition – e andrebbero rapidamente riesaminati in quanto l’aumento dei livelli della vitamina nel sangue della popolazione potrebbe portare a una riduzione significativa dell’incidenza di alcuni tumori, di alcune malattie autoimmuni e infettive.

Ma non solo, alti livelli plasmatici della vitamina D potrebbero migliorare la forza fisica, la funzionalità  delle gambe e rallentare la perdita dei denti. Oltre che – ma questo era noto – contrastare l’osteoporosi.
Quali sono queste misure da rivedere di corsa? Se si misura il livello di vitamina D nel sangue (e adesso questo è un esame di routine, alla portata di qualsiasi laboratorio di analisi) i valori considerati normali vanno, di solito, da un minimo di 10 a un massimo di 47 ng/ml (nanogrammi, miliardesimi di grammo, per millilitro). Una forbice ampia, che tiene conto anche della variazione stagionale dei livelli della vitamina: infatti, poichà© la vitamina viene sintetizzata dal nostro organismo quando siamo esposti alla luce solare, abbiamo valori più alti d’estate e più bassi d’inverno.

Secondo Heike Bischoff-Ferrari, dell’Università  di Zurigo, ed Edward Giovannucci, dell’Università  americana di Harvard, il livello adeguato di vitamina D sarebbe invece attorno a 30 ng/ml e quello ottimale tra 36 e 40 ng/ml. Insomma, una bella differenza, che porrebbe in carenza larghi settori della popolazione americana ed europea, soprattutto d’inverno, ma per una quota significativa anche d’estate.

Ma che significano livelli adeguati e ottimali? I vecchi parametri erano stati definiti in base alla individuazione della concentrazione di vitamina D, che sopprime i livelli del paratormone. Quest’ultimo è un ormone, prodotto dalle ghiandole paratiroidi, che svolge una azione sull’osso opposta a quella della vitamina D. I due sono come i piatti di una bilancia; se sale uno si abbassa l’altro: la vitamina D favorisce l’assorbimento del calcio nell’osso, il paratormone la liberazione del calcio dall’osso. Purtroppo, questo criterio non ha mai soddisfatto i ricercatori e tanto meno i clinici, in quanto le fluttuazioni dei livelli possono essere anche drammatiche, in base alla dieta, all’attività  fisica, alla funzione renale e ad altro ancora.

Bischoff-Ferrari e Giovannucci propongono invece di stabilire i livelli adeguati e ottimali di vitamina D in base alla capacità  che la vitamina dimostra di prevenire alcune malattie e di migliorare lo stato generale di salute soprattutto nelle fasce di popolazione adulta e anziana.

Secondo i dati riportati, i giovani con più alti livelli di vitamina D nel sangue hanno una densità  ossea che è circa quattro volte superiore a quella dei coetanei con più bassi livelli della vitamina; differenza che negli anziani diventa di cinque volte. Secondo questi studiosi, il fallimento di molte campagne di prevenzione dell’osteoporosi, posto che il calcio serve a poco, dipende dalla insufficiente quantità  di vitamina D usata: 400 UI (unità  internazionali), mentre ne occorrerebbero almeno 800. Una riduzione delle cadute, delle fratture, una maggiore protezione verso alcuni tumori e verso alcune malattie autoimmuni come la sclerosi multipla, può realizzarsi, come spieghiamo negli altri articoli, solo se il livello della vitamina D nel sangue sta tra i 30 e i 40 ng/ml. Per ottenere questo risultato nel grosso della popolazione, concludono Bischoff-Ferrari e Giovannucci, occorrerebbe un assunzione di 1000 UI al giorno della vitamina. Dosaggio assolutamente sicuro, sostengono, anche perchà© una giornata di sole al mare ce ne fornisce almeno 10.000. D’inverno, la situazione è ovviamente diversa, ma, proprio perchà© siamo più esposti a una possibile carenza della vitamina, è essenziale prendere il sole quando c’è

Fonte: Repubblica Salute