Wednesday, May 8, 2024

Gli italiani tendono a definirsi giovani anche quando sono adulti, e adulti anche quando sono anziani. Vecchiaia è un termine tabù. I giovani, coerentemente, spostano in avanti le tappe verso la vita adulta. E non si distinguono per reclamare uno spazio maggiore nelle posizioni di responsabilità  della società . E’ quanto emerge dai risultati della 12° indagine dell’Osservatorio sul Capitale sociale degli italiani curata da Demos – COOP, che ha approfondito il significato della giovinezza.

Solo la metà  (54%) di chi ha più di 64 anni si definisce anziano. Il 41% preferisce dirsi adulto. Quattro su dieci tra coloro che hanno tra 35 e 44 anni si ritengono giovani; evidentemente ai quarantenni non piace crescere. Allora l’indagine Demos-Coop ha chiesto agli italiani a che età  si diventa adulti. Il dato medio indicato è 35 anni. Ma tanto più si è avanti con gli anni tanto più questa età  di passaggio aumenta. Per i giovanissimi (15-17 anni) si diventa adulti a 26 anni. Per i ventenni a 30. Per quarantenni e cinquantenni a 36 anni. Avviene a 40 anni circa secondo i più anziani. I più giovani tendono a collocare questo passaggio in avanti nel tempo. Gli altri indietro, ma nelle immediate “vicinanze”, in modo da non vederlo come un momento passato da troppo tempo.

Ma essere giovani o adulti, come spiegano gli studiosi, non è semplicemente una questione di età . Contano alcune tappe superate nella vita: 1) finire gli studi, 2) trovare un lavoro stabile, 3) vivere in una casa diversa da quella dei genitori, 4) sposarsi o convivere, 5) avere dei figli. Tutti passaggi che in Italia avvengono sempre più in là  nel tempo. I giovani, quindi, rimangono tali più a lungo. Fatto comprensibile visto che la gioventù richiama anzitutto la parola spensieratezza (30%).

Articolo tratto da www.repubblica.it