Friday, March 29, 2024

Nel 2050, in Italia ci sarà  un anziano ogni tre persone. Per la sola spesa pensionistica le proiezioni compiute dagli esperti europei ipotizzano che nel 2050 il rapporto tra pensioni e prodotto lordo possa attestarsi su livelli compresi tra il 14 e il 15% in Italia come nella media dell’area della moneta unica. Si tratta di valori comunque molto elevati. Quello che differenzia la situazione italiana dalla maggioranza degli altri partner europei è un diverso mix tra condizioni iniziali e dinamiche tendenziali. Per l’Italia è peggiore la base di partenza, nel senso che è significativamente più alto il livello raggiunto negli ultimi anni dall’incidenza della spesa pensionistica in ragione del PIL. Per il 2004 le elaborazioni della Commissione europea conteggiano gli oneri pensionistici in un 14,2% del prodotto interno lordo per il nostro paese contro l’11,5% della media di Eurolandia. La proiezione a lungo termine ci è invece meno sfavorevole in quanto, con tutte le cautele e le limitazioni del caso, le riforme attuate negli ultimi tre lustri hanno comunque avviato la correzione del sistema pensionistico italiano dal tradizionale meccanismo a ripartizione a un più sostenibile schema a capitalizzazione. Lo stesso non è ancora successo in altri paesi, dove forse è mancata l’urgenza di dover far fronte ad una situazione divenuta già  difficile nell’immediato prima che in prospettiva.

Il Bollettino mensile di ottobre della BCE sottolinea l’opportunità  di estendere la diffusione degli schemi nozionali a contribuzione definita ovvero di quei meccanismi in cui la pensione futura di un individuo dipende sostanzialmente dai contributi da lui versati e non dall’altruismo coatto delle generazioni più giovani. Per i paesi dove ancora prevale lo schema a ripartizione si tratta di cambiare sistema. Per i paesi come il nostro, che già  hanno fatto la scelta a tendere del contributivo, l’opzione è procedere con coerenza alla piena applicazione dei meccanismi previsti per l’adeguamento automatico del sistema previdenziale al cambiamento demografico e all’aumento della longevità . Un riferimento è alla questione dell’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione che convertono il montante dei contributi accumulati nella pensione annuale.

Con la plasticità  che è loro propria i mercati finanziari si stanno velocemente attrezzando a gestire il rischio di longevità . Si sviluppano i longevity bonds che sono obbligazioni dal rendimento indicizzato all’andamento della speranza media di vita della popolazione di uno o più paesi. Si tratta di strumenti utili a fondi pensioni e assicurazioni per fronteggiare l’alea dei maggiori esborsi dovuti ad una platea di più longevi sottoscrittori di pensioni e di polizze. Parallelamente, l’industria finanziaria è chiamata a rispondere ad una domanda crescente di previdenza volontaria proveniente soprattutto dagli strati più giovani della clientela individuale.

Articolo tratto da letterafinanziaria.repubblica.it